ITINERARI MTB
INFO GENERALI
PARTENZA /ARRIVO DIGA DEL VAJONT
KM PERCORSI 19,9
DISLIVELLO 690 METRI
TEMPO PERCORRENZA 3H 30 MIN
QUOTA MAX 1100 METRI
PERIODO MIGLIORE da marzo a ottobre
Dal piazzale della diga percorriamo per poche centinaia di metri l'asfalto in direzione Erto per poi svoltare a destra verso Pineda, attraversando la frana del Monte Toc. Ci addentriamo in un ambiente brullo e desolato: laddove oltre quarant'anni fa c'era acqua, ora solo terra e massi; con dolci saliscendi superiamo la frana e, ammirando sotto di noi le acque cristalline di quel che resta del Lago del Vajont, attraversiamo la frazione di Pineda. Superate alcune buie gallerie raggiungiamo la piana erbosa delle Casere Prada, entrando nel bosco e arrivando alle case di Manzana; deviamo ora sullo sterrato che scende sulla sinistra: con una veloce picchiata siamo sul greto del torrente Vajont. Bici in spalla, guadiamo con prudenza il corso d’acqua raggiungendo l'altra sponda. Continuando sul greto, costeggiamo il bosco verso sinistra lungo una traccia poco evidente fino a raggiungere il Rio Zemola, che superiamo bagnandoci ancora i piedi: la traccia che ora risale nel bosco si fa più evidente e, continuando a spinta per pochi minuti, giungiamo su una sterrata che imbocchiamo verso sinistra. In vista dell'abitato di Erto il fondo peggiora e le pendenze aumentano, e mentre ci addentriamo tra le case in pietra del vecchio borgo (miracolosamente risparmiato dall’onda anomala) teniamo sempre la destra ritrovando l'asfalto; svoltiamo a destra e dopo cinquecento metri attraversiamo l'incrocio con la strada per Longarone, continuando in salita verso la Val Zemola. Affrontati circa tre chilometri di salita asfaltata, poco prima di un capitello, imbocchiamo a sinistra il Trui dal Sciarbon (segnavia 374), usato secoli fa per trasportare il carbone dalla Val Zemola a Casso e alla Valle del Piave: da segnalare che, se la prima parte del sentiero fosse impraticabile per una frana, è possibile aggirare l’ostacolo utilizzando una breve deviazione qualche decina di metri più a valle. Ritrovato il sentiero, esso diventa costantemente esposto sul lato sinistro, presentando diversi tratti non ciclabili tra il Col de Sciaston e il successivo insidioso ghiaione che sovrasta la frazione Le Spesse. Percorrendo lo spettacolare single track possiamo continuamente ammirare sotto di noi la conca di Erto con il lago e, successivamente, il Monte Toc e la sua frana dalla caratteristica forma a “M”; nella seconda parte il sentiero torna agevole toccando alcune vecchie costruzioni in pietra, scendendo successivamente sulla strada verso l’abitato di Casso, che raggiungiamo agevolmente salendo a destra. Dalla piazza seguiamo le indicazioni per “Diga del Vajont”, addentrandoci tra i vicoli sterrati di quello che sembra essere un paese fantasma in cui il tempo si è fermato; una volta saliti fino al cimitero, il sentiero (detto “Troi de Sant’Antoni”) scende con decisione offrendo vertiginosi scorci sulla sottostante diga e sulla forra adiacente; continuando lungo la traccia la vista si sposta poi su Longarone e sulla Valle del Piave. Quando il sentiero si fa ripido e tecnico giriamo a sinistra sul “Troi de la Moliesa”: seguendo le indicazioni per la diga scendendo velocemente nel sottobosco raggiungendo la zona dei dormitori, anch’essi spazzati via dalla furia delle acque insieme alla cinquantina di operai che vi alloggiavano; continuando in discesa posto ideale per raccontare una storia e condividerla con i tuoi utenti.

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RIFUGIO MANIAGO IN MTB
Premessa: Questo breve itinerario, davvero intenso per le emozioni che riesce ad infondere ma anche per l'impegno che richiede, abbraccia la stupenda Val Zemola, autentica gemma nel vasto contesto del parco naturale delle prealpi carniche. L'ascesa verso il Rif. Maniago, che conviene effettuare nei mesi in cui quest'ultimo è aperto, non è delle più facili, ma viene praticamente sempre accompagnata da stupendi paesaggi oppure, nel tratto più severo, dall'ombra di un bel bosco di faggi ed abeti. La breve e ripida discesa lungo il sentiero 374, che prevede anche il superamento di due guadi, risulta comunque movimentata ed avvincente, soprattutto nella parte intermedia che attraversa il bosco.
Caratteristiche salientidell'escursione:
Località di partenza: Erto Nuova, 820 mt s.l.m.
Lunghezza percorso: 20,0 km
Quota massima raggiunta: Rifugio Maniago, 1730 mt s.l.m.
Dislivello: 960 mt
Tempo di percorrenza indicativo: 2 h – 2 h 15 min
Stagione consigliata: estate/autunno
Cartografia: Tabacco 1:25.000 – Foglio 21
Livello di difficoltà: impegnativo
descrizione dell'itinerario:E' possibile arrivare ad Erto da Longarone oppure dal Passo di S. Osvaldo; in ogni caso conviene lasciare l'automobile nella strada di viabilità interna in cui si trovano gli esercizi pubblici ed anche il laboratorio del celebre Mauro Corona (Via Stortan).In sella alla bici si percorre qualche metro della via succitata, in direzione di San Martino; la strada scende quasi subito affacciandosi ad una biforcazione, presso la quale si segue la direzione sinistra. L'ascesa, su fondo asfaltato, ha inizio lungo questo versante esposto al sole, che si consiglia di evitare nelle ore più calde;.


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seguendo le indicazioni per la Val Zemola si lascia alle spalle il paese e ci si avvicina alla piccola borgata di S. Liberale. All'altezza di questa località la strada compie una curva a gomito, presso la quale va ignorata la direzione destra per Cavalle. Aggirato il versante, ci si immette nell'unico tratto ombreggiato di questa parte iniziale della salita, che è però di breve durata. Seguono due tornanti, dopo i quali la carreggiata diviene rettilinea fino a che un'ampia svolta sinistrorsa non annuncia l'ingresso in Val Zemola; a questo punto il fondo diviene naturale. Prima di immergersi nella quiete dei questa splendida vallata, vale la pena rivolgere lo sguardo indietro: la vista può spaziare sul vicino M.te Zerten, sull'imponente mole del Col Nudo, ma anche su una porzione del M.te Toc (su cui si nota una parte del segno lasciato dal funesto distaccamento di materiale franoso avvenuto il 9 ottobre 1963).

Un piacevole tratto in falsopiano accompagna l'ingresso alla valle: sulla destra spicca la sommità rocciosa del M.te Porgeit, la cui curiosa forma, stratificata e ripiegata verso l'alto, non manca di farsi notare.

Dopo l'attraversamento del piccolo corso d'acqua Gè de Terscia la pista riprende a salire in modo più evidente. Aggirata una modesta pendice avviene l'ingresso in un ombroso e suggestivo bosco di faggio a cui seguono tre tornanti su fondo asfaltato che prededono la confluenza con il sentiero 381 per la cava di marmo (da ignorare). Poco dopo si perviene nei pressi di una nuova biforcazione (situata all'altezza della diroccata Casera di Conte), la quale costituisce il limite ultimo per il transito dei veicoli a motore provenienti da Erto, che da questo momento -fortunatamente- non saranno più presenti lungo il percorso; da questo punto si segue la direzione sinistra (l'altra sarà percorsa lungo il ritorno) per Casera Pezzei e Rif. Maniago, pedalando lungo una magnifica pista aperta, dalla quale si ammirano i prati dei declivi circostanti e la mole del M:te Duranno, posto innanzi..

La parte successiva, nuovamente entro il bosco, è prevalentemente in falsopiano, fatta esclusione per una discesa che precede l'attraversamente del corso d'acqua Gè de Bedin; quest'ultima viene seguita da uno strappo significativo, seppur breve, quindi da una nuova discesa, che termina con il guado del Gè de Pezzei (Km 6,7). Da questo punto in avanti l'ascesa risulta tutt'altro che facile: nei 4,5 Km che restano da compiere per arrivare al Rifugio, si devono infatti superare quasi 500 mt di dislivello. Un rettilineo sterrato mediamente ripido precede una breve ed intensa parte asfaltata, caratterizzata da una serie di strette curve ravvicinate che lasciano il passo ad una rampa diritta, la quale termina in corrispondenza del punto in cui la strada piega verso sinistra, reimmergendosi all'ombra del bosco. La dura salita continua su fondo non sempre agevole, ma gli scenari cambiano, perchè a tratti il bosco si apre, mostrando delle panoramiche incantevoli sulla valle e sui margini circostanti. L'arrivo ai ruderi di Casera Pezzei (1442 mt), preceduto da un bivio al quale si deve tenere la sinistra, segna una nuova svolta: la pista forestale torna ad entrare nel bosco e riprende a salire in modo deciso, seguendo un'andamento discontinuo: a tratti meno ripidi si alternano brevi impennate; si procede così fino a culminare in corrispondenza di uno slargo, in cui la traccia principale confluisce nel sentiero CAI 374. Dopo un primo tratto inciclabile poiché molto ripido, questo sentiero diviene emozionante: con un po' di attenzione e buona volontà è possibile affrontarne in sella buona parte, anche lungo le ripide rampe ascendenti.. .Ai saliscendi o parti in falsopiano presenti entro il bosco si alternano tratti aventi fondo più ghiaioso ed esposizione più accentuata, da cui però si gode dello splendido panorama sulla Val Zemola.


La parte conclusiva del sentiero si dipana attraverso un bel bosco di abeti rossi, terminato il quale lo sguardo si posa finalmente sul Rif. Maniago (1730 mt) e sulle maestose pareti del Duranno.Un'ultimo sforzo consente di giungere pedalando di fronte all'ingresso della costruzione, presso la quale è possibile effettuare rifornimento d'acqua, oltre che mangiare. Sino a questo momento sono stati superati 11,2 Km, in circa 85 minuti. La discesa avviene sempre lungo il sentiero 374, facendo attenzione alla possibile presenza di escursionisti a piedi. La prima parte del medesimo è comune con quella già percorsa all'andata; dopo la confluenza già citata esso attraversa in prevalenza il bosco, mantenendosi discretamente ripido. Taglia di tanto in tanto la pista forestale, ma ad un certo punto cambia direzione, fino a giungere nei pressi del primo guado, che interessa la Gravina del Duranno.

La traccia è quasi giunta a fondo valle: si percorre uno stretto canale, su fondo prevalentemente ghiaioso ma ben compatto, fino a raggiungere il greto del Torrente Zemola: attraversato quest'ultimo si reperisce facilmente, sulla destra orografica della valle, il sentiero 374, oramai divenuto largo.

Seguono alcuni minuti di pedalata in falsopiano, fino alla confluenza con la traccia principale, al punto in cui si trovano i segnali con il divieto di transito. Non resta che scendere lungo il tratto già percorso all'andata per tornare ad Erto Nuova.